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L'obiettivo è un disegno circolare di moda sostenibile

Crediamo che ora, più che mai, noi come società ci troviamo in un momento critico. Per spostare la bilancia verso un domani migliore, dobbiamo cambiare i nostri modelli come individui radicalmente, ma anche chiedere di più dalle aziende con cui ci interfacciamo. Ma come per tutti i cambiamenti, il superamento di questo comporta un rischio: il rischio che la nostra vita, fino ad ora relativamente comoda e piena di comodità moderne, venga improvvisamente capovolta.


Corriamo il rischio di scelte, a lungo fatte inconsciamente, che ora richiedono una riflessione e una cura responsabile, proprio quando tante altre stanno diventando complesse oltre ogni immaginazione. Non è che non abbiamo mai fatto scelte difficili prima, ma non abbiamo complicato la nostra vita per il bene di un bene assoluto più grande, lo stiamo in parte facendo ora privandoci di molte cose che ci sembravano normali nella nostra quotidianità: indossiamo una maschera ogni giorno e abbiamo discusso se fosse sicuro o meno vedere un membro anziano della famiglia o andare al negozio di alimentari per uscire di casa.


Ma purtroppo, almeno per noi, che di scelte difficili ne abbiamo fatte in passato che hanno sconvolto indelebilmente le nostre vite, è l'ora di fare una scelta di vita al di fuori del nostro piccolo giardino che vogliamo vedere sempre verde e sicuro. È l'ora di pensare anche al giardino sul quale viviamo, il nostro pianeta.

Una scelta fondamentale tra chi non vuol vedere e chi invece ha la consapevolezza di che vita si potrebbe avere se vivessimo, mangiassimo, vedessimo e sentissimo le cose con la consapevolezza che il mondo è nel mezzo dell'irrevocabile, probabile cambiamento climatico catastrofico, in mezzo a una dozzina di altri tipi di cambiamenti catastrofici e irrevocabili, e dipende tutto da noi, più o meno, quanto sia catastrofico questo cambiamento.

"if you want to go fast go alone if you want to go far go together"
Il tempo è il miglior giudice per le nostre scelte.

In questo momento, forse stai acquistando prodotti confezionati con la plastica e magari hai assaggiato primizie che arrivano da una piantagione nei Caraibi o dal Messico anche in pieno inverno. Prima della pandemia, guidavi la tua auto per raggiungere il lavoro ogni mattina e prendevi gli aerei per vedere diverse parti del mondo. Forse sei anche il tipo di persona che ama fare viaggi avventura, raggiungere posti incontaminati in mezzo a vasti paesaggi o alberi secolari, e sai che questi panorami sono qualcosa a cui prestare attenzione, ma questi luoghi remoti sembrano separati dal resto della tua vita quotidiana, un diverso modo di esistere.


Invece è arrivato il momento di uscire dalla nostra comfort zone e fare scelte giuste.


Se vogliamo VIVERE BENE dobbiamo allineare le nostre scelte alle leggi della natura.














L’industria della moda è un’industria globale dal valore di 2,4 trilioni di dollari, che impiega circa 50 milioni di persone ed è considerata una delle industrie più inquinanti al mondo. Il suo impatto sul pianeta coinvolge diversi ambiti tra i più devastanti:


1. Cambiamenti Climatici

È stato previsto che le emissioni di CO2 prodotte dall’industria della moda aumenteranno del 60% nei prossimi 12 anni.



2. Sfruttamento ed inquinamento delle risorse idriche

L’acqua è necessaria per l’industria della moda, dalla piantagione del cotone ai trattamenti dei materiali fino ai vari lavaggi degli indumenti a casa. Un altro enorme danno ecologico collegato alle risorse idriche riguarda lo smaltimento di tutte le sostanze tossiche con cui vengono trattati i capi di abbigliamento.

Molte fabbriche espellono le acque inquinate nelle risorse idriche naturali avvelenando fiumi, mari e acque sotterranee.



3. Inquinamento da pesticidi

L’industria della moda è uno dei principali utilizzatori di prodotti chimici e a sua volta è responsabile per il 20% dell’inquinamento delle acque e delle emissioni di gas nocivi nell’aria. Nessun’altra attività agricola utilizza così tanti prodotti chimici quanto l’industria del cotone.

Per la coltivazione del cotone si utilizzano un quarto dei pesticidi prodotti in tutto il mondo. Oltretutto, spesso i lavoratori li utilizzano in dose elevate e senza protezioni.

Questi pesticidi negli ultimi anni sono stati vietati in Europa. Ma non in India, paese in cui viene coltivata la maggior parte del cotone utilizzato nell’industria della moda.



4. Sfruttamento del suolo

La moda è direttamente collegata allo sfruttamento della terra e al processo di perdita della biodiversità attraverso lo sfruttamento del suolo.

Dai campi di cotone ai campi di allevamento di bestiame per la realizzazione del pellame.



5. Diminuzione delle risorse naturali

La fabbricazione ed il trasporto dei capi di abbigliamento si fonda su numerose risorse naturali ed umane, che sono per definizione limitate.

L’industria della moda è quasi completamente dipendente dall’utilizzo di combustibili fossili e dalla necessaria manodopera.

Basti pensare che la produzione di un paio di jeans si estende per 4 continenti e le varie componentistiche con cui viene realizzato un jeans possono viaggiare fino a 65.000 km, con un evidente impatto diretto sull’ambiente.

Metà dei danni ecologici prodotti dalla produzione di jeans sono collegati al trasporto, l’altra metà alla raccolta del cotone.



6. Consumismo e sprechi

In occidente compriamo abiti per il 400% di più che venti anni fa’.

In questi venti anni i vestiti sono diventati sempre più economici e di minore qualità, in tal modo le persone sono indotte a comprare sempre più abiti che vengono conservati per periodi brevissimi…come solo una stagione.



7. Schiavitù moderna

La schiavitù moderna esiste ancora oggi nelle forme del lavoro forzato, della tratta di esseri umani e dello sfruttamento minorile.

La mancanza di trasparenza nella catena di fornitura nei grandi brand non permette di garantire l’assenza di sfruttamento della schiavitù nella catena di produzione dei più importanti marchi di moda.

I dati dell’industria tessile al momento sono allarmanti. Dalle indagini condotte dal movimento internazionale Fashion Revolution emerge come in Guandong, in Cina, le giovani donne facciano fino a 150 ore mensili di straordinari, il 60% di loro non abbia un contratto ed il 90% non abbia accesso alla previdenza sociale; in Bangladesh i lavoratori che realizzano indumenti guadagnano 44 dollari al mese (a fronte di un salario minimo pari a 109 dollari).

Ancora, sempre Fashion Revolution ha stimato nel corso di un’indagine condotta su 91 marchi di abiti che solo il 12% di questi abbia intrapreso azioni dirette a garantire un salario minimo legale per i propri lavoratori.

ll Bangladesh Child Right Forum stima che siano 7,4 milioni i bambini bangladesi costretti a lavorare fin da piccoli per contribuire al mantenimento delle proprie famiglie, divenendo vittime di abusi e torture nel 17 % dei casi.



8. Benessere Umano

L’attuale ritmo di produzione dell’industria della moda compromette il benessere di lavoratori, delle comunità, degli animali e dell’ambiente.


 

Come designer, crediamo fermamente di essere responsabili di ciò che produciamo e che i nostri capi non finiscano come rifiuti. Progettiamo tenendo presente l'intero ciclo di vita di un capo e ci stiamo impegnando per raggiungere l'obiettivo di chiudere il ciclo per raggiungere la piena circolarità di vita. Consideriamo ogni dettaglio di un capo e se il tutto rientra nei nostri valori, utilizziamo solo materiali e finiture di provenienza responsabile e li usiamo consapevolmente.

Crediamo che la struttura e la forte identità minimale dei nostri abiti siano i primi passi verso la circolarità.

Siamo impegnate in una catena di produzione lenta, dove le nostre collezioni impiegano 12 mesi dalla progettazione alla consegna. Questa è la base dei nostri valori, per garantire i diritti dei lavoratori e la tutela dell'ambiente.


Scegliere come spendere i nostri soldi può creare il mondo che desideriamo!

Compriamo abiti realizzati nel rispetto dell’ambiente e delle persone!


LEGGI ANCHE L'IMPEGNO CHE CI METTIAMO OGNI GIORNO NELLA PAGINA ETICA DEL NOSTRO SITO...



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